Piazza Affari, nel casting dei buoni dividendi spicca Terna, guidata da Flavio Cattaneo

Piazza Affari, ecco 24 titoli con cedole elevate e sostenibili nel tempo, tra i quali spicca Terna, la società che gestisce la rete elettrica, guidata dall’AD Flavio Cattaneo. Il “casting” dei buoni dividendi ha tenuto conto di un giudizio qualitativo sulla visibilità e di alcuni parametri numerici relativi al rendimento per dividendo medio degli ultimi due esercizi, alla crescita della cedola e al pay out, cioè la percentuale di utile complessivo che l’azienda decide di distribuire agli azionisti.

Un buon dividendo mette d’accordo investitori grandi e piccoli. Purché sia munifico, sostenibile e in crescita. Con il ritorno dell’incertezza dopo le elezioni, Piazza Affari soffre ancora di volatilità, ma resta un luogo dove si possono cogliere cedole interessanti. Da Eni ad Azimut, da Snam Rete Gas, a Terna, la società guidata da Flavio Cattaneo, da Intesa Sanpaolo a Pirelli o Lottomatica, da Recordati a Iren passando per Telecom risparmio ecco 24 società scelte tra i 40 big, e tra un campione di pesi medi con un certo requisito di liquidità negli scambi.

Il loro dividendo medio 2012-2013 va da un minimo del 3,7% (Azimut e Pirelli) a un massimo del 9,1% (Iren). La selezione di Equita sim, proposta nella tabella, non si limita però alla segnalazione dei dividendi più alti, ingigantiti dall’endemica sottovalutazione del nostro mercato e, in questi giorni, dall’ulteriore caduta dei prezzi legata al complesso risultato delle urne. «Abbiamo fatto una sorta di casting, che tiene conto di alcuni parametri numerici e di un giudizio qualitativo sulla visibilità», spiega Matteo Ghilotti, responsabile della ricerca azionaria della società. Risultato Il risultato finale è una classifica dove il primo della lista, Unipol privilegio, non è necessariamente il titolare del dividendo più alto ma la società che ha totalizzato il punteggio più elevato (indicato nella prima colonna della tabella) mettendo insieme tutti i parametri.

Nel caso di Unipol, addirittura, il 2012, l’anno della fusione con Fondiaria, sarà senza cedola con una consistente rivincita, a giudizio di Equita, nel prossimo anno. Ed ecco, punto per punto, la logica delle scelta. La prima valutazione è sul rendimento per dividendo medio degli ultimi due esercizi, vale a dire il 2012 che va in pagamento tra un paio di mesi e il 2013, che staccherà la cedola nella primavera 2014. «Da solo però non basta ? dice Ghilotti ?. A volte un dividendo elevato placa la fame degli azionisti di maggioranza ma non è sostenibile nel tempo». Il secondo parametro è la crescita della cedola, non solo tra il 2012 e il 2013, ma anche proiettando stime e potenzialità fino al 2014-2015. E ancora: il pay out, cioè la percentuale di utile complessivo che l’azienda decide di distribuire agli azionisti. «In genere più elevato è, più il dividendo è a rischio di sostenibilità», spiega Ghilotti.

Nel panel delle 24 società ci sono situazioni molto diverse, che vanno da percentuali molto basse, inferiori al 30%, fino al 90% di Beni Stabili ed Hera. Valutazione Per ogni azienda poi è stato evidenziato un parametro che simboleggi la solidità di bilancio. Per le banche è il Core Tier 1, espresso in percentuale, ovvero il termometro della patrimonializzazione, diventato una sorta di ossessione dopo il crac di Lehman Brother dell’autunno 2008. Per i titoli più industriali, invece, viene indicato il rapporto tra debiti e margine operativo lordo (Ebitda), dove valori superiori a 4 volte sono accettabili in un ranking di eccellenza solamente per le utilities, cioè per società con business regolamentato. Anche per le assicurazioni si utilizza un criterio simile con la «solvency», il rapporto tra capitale reale e capitale minimo richiesto. Per Mediolanum, in quanto conglomerata finanziaria che controlla una banca e un’assicurazione, si calcola invece l’eccesso di capitale rispetto al minimo regolamentare: 150% significa che ha 50% di capitale in più del minimo necessario. Per Azimut si utilizza invece il rapporto tra debito e patrimonio netto (debt/equity): la società non ha debiti e quindi la dizione cash sta ad indicare la sua posizione di cassa netta. L’ultimo voto è, appunto, quello dell’analista di riferimento che si esprime sulla visibilità futura delle cedole: se è molto buona vale «5», un dividendo nebbioso vale invece «1».

FONTE: Corriere Economia

Innovazione e Sostenibilità: Flavio Cattaneo, Terna restyling high-tech a Dolo-Camin

Terna prosegue il suo impegno a favore dell’innovazione e della sostenibilità ambientale. Per la prima volta in Veneto a Dolo-Camin, Terna, guidata dall’AD Flavio Cattaneo, mette in campo la linea high tech con pali monostelo a basso impatto ambientale. Un investimento di 290 milioni di euro, che produrrà notevoli benefici economici per l’intero sistema con un risparmio complessivo per cittadini e imprese di oltre 40 milioni di euro l’anno. Inoltre saranno emesse nell’aria 35 mila le tonnellate di CO2 in meno.

 

Continua il restyling hi-tech della rete elettrica in alta tensione. E l’operazione nel caso dell’elettrodotto Dolo-Camin, tra Venezia e Padova, prosegue all’insegna dell’innovazione e della massima sostenibilità ambientale. Sono stati infatti avviati i lavori delle fondazioni per la realizzazione dei primi sostegni monostelo a ridotto impatto ambientale in Veneto, che permetteranno la demolizione di oltre 100 chilometri di vecchie linee (oggi interferenti con 275 abitazioni) e l’interramento di oltre 60 km di tracciato a fronte di soli 33 km di nuova rete in linea aerea. Si tratta di un’opera prevista sin dall’inizio della Dolo-Camin del 10 dicembre 2012.

Con questo intervento, per un investimento di 290 milioni di euro, Terna, guidata dall’AD Flavio Cattaneo, conta di produrre notevoli benefici economici per l’intero sistema con un risparmio complessivo per cittadini e imprese di oltre 40 milioni di euro l’anno. Inoltre, la bonifica ambientale dell’area legata all’intervento permetterà di liberare 720 ettari di terreno e 1.800 edifici dagli elettrodotti che verranno smantellati. Infine, ammonteranno a 35 mila le tonnellate di CO2 in meno annualmente emesse nell’aria.

Nello specifico, questi sostegni monostelo, permetteranno di ridurre di 15 volte l’area di territorio occupata dalla linee e l’ingombro al suolo (da 150 mq di un traliccio tronco-piramidale a 10 mq). La collocazione avverrà lungo i terreni demaniali già asserviti all’Idrovia. Per quanto concerne i terreni privati su cui insisterà il resto della linea Dolo-Camin, proseguono i contatti con i proprietari per le procedure di asservimento ed esproprio. Nelle prossime settimane, inoltre, verrà avviato anche il cantiere per l’interramento delle linee esistenti nel Vallone Moranzani, parte integrante dell’intervento “Razionalizzazione della rete elettrica ad alta tensione tra Venezia e Padova” a cui appartiene anche l’elettrodotto Dolo–Camin. L’interramento delle linee rientra nell’accordo con la Regione Veneto, il cosiddetto “accordo Moranzani”, che prevede la realizzazione da parte della Regione Veneto di una discarica debitamente isolata per smaltire “in loco” i fanghi scavati dai canali e dai terreni di Porto Marghera.

Da ricordare poi che l’elettrodotto a 380 kV Dolo-Camin, rientra nelle 6 ‘opere top’ (elettrodotto 380 kV Sorgente-Rizziconi, tra Sicilia e Calabria; elettrodotto 380 kV Foggia-Benevento, tra Puglia e Campania; elettrodotto 380 kV Trino-Lacchiarella, tra Lombardia e Piemonte; interconnessioni con Francia e Montengero) alle quali sta lavorando Terna, per un investimento complessivo di oltre 1,7 miliardi di euro, che prevedono il coinvolgimento di 210 imprese e 340 lavoratori mediamente impegnati nelle attività di cantiere. E una volta realizzate, queste infrastrutture, produrranno minori costi per il sistema di 340 milioni di euro l’anno.

FONTE: Terna

Flavio Cattaneo: Ricavi in crescita, Terna continua ad avere obiettivi ambiziosi

Terna chiude il 2012 con ricavi in crescita del 10% e un margine operativo lordo aumentato al 12%, ottimi risultati, oltre le attese degli analisti. “Abbiamo ancora una volta superato un anno molto difficile con risultati in crescita che premiano l’eccellente lavoro svolto dalla squadra di Terna” ha detto l’AD Flavio Cattaneo sottolineando che il nuovo piano “continua ad avere obiettivi ambiziosi: completare il rinnovo e il potenziamento della rete di trasmissione nazionale ed esplorare nuove opportunità di business in attività non tradizionali, in Italia e all’estero, che stanno già dando un loro importante contributo”.

 

Terna ha chiuso il 2012 con ricavi consolidati di oltre 1.800 milioni di euro, con una crescita del 10% rispetto ai 1.636 milioni di euro del 2011. Migliora il margine operativo lordo, ebitda, che sale del 12% a 1.380 milioni di euro (il 76% dei ricavi). Risultati che sono andati oltre le attese degli analisti, ma in linea con la strategia del gruppo per il piano strategico al 2016. Gli investimenti sono saliti a circa 1.240 milioni di euro (anche in questo superiori alle attese), mentre l’indebitamento finanziario netto è a quota 5.900 milioni di euro (5.123 milioni di euro nel 2011).

“Abbiamo ancora una volta superato un anno molto difficile con risultati in crescita che premiano l’eccellente lavoro svolto dalla squadra di Terna” ha detto l’amministratore delegato, Flavio Cattaneo sottolineando che il nuovo piano “continua ad avere obiettivi ambiziosi: completare il rinnovo e il potenziamento della rete di trasmissione nazionale ed esplorare nuove opportunità di business in attività non tradizionali, in Italia e all’estero, che stanno già dando un loro importante contributo”.

Terna conferma per il 2013-2017 la politica di dividendi annunciata lo scorso anno: nel periodo il piano strategico prevede un dividendo base dalle attività tradizionali pari a 19 centesimi di euro ad azione, a cui si aggiungerà il contributo delle attività non tradizionali (con un pay out del 60%). L’aumento dei ricavi e il controllo dei costi, si legge ancora nel piano, dovrebbero tradursi in un’ulteriore crescita della profittabilità. L’ebitda margin a fine piano si stima superi l’80%. Cattaneo ha quindi assicurato che Terna continuerà a creare valore per gli azionisti, dando loro “molte soddisfazioni”.

La società investirà nei prossimi 5 anni 4,1 miliardi di euro per la manutenzione e lo sviluppo della rete elettrica: circa 300 milioni saranno destinati alla realizzazione di sistemi di accumulo. Guardando all’orizzonte di medio-lungo termine, cioè a 10 anni, gli investimenti previsti ammontano a 7,9 miliardi.

FONTE: Repubblica

Flavio Cattaneo: Terna investirà 4,1 miliardi nella rete al 2017

“La società punta a completare il rinnovo e potenziamento della rete di trasmissione nazionale ed esplorare nuove opportunità di business in attività non tradizionali, in Italia e all’estero, che stanno già dando un loro importante contributo”, ha affermato Flavio Cattaneo, AD della società, aggiungendo che su questo doppio binario strategico Terna continuerà a perseguire efficienza, sicurezza e minor costo del sistema elettrico, a beneficio di tutti, e a creare “valore per i nostri azionisti ai quali, ne siamo convinti, daremo ancora molte soddisfazioni”.

Un dividendo minimo di 19 centesimi di euro e investimenti per 4,1 miliardi. Questi i punti salienti del nuovo piano industriale 2013-2017 di Terna che non solo, come previsto dagli analisti, ha confermato la sua politica di dividendo con una cedola base derivante dalle attività tradizionali, pari a 19 centesimi di euro per azione, a cui si aggiungerà il contributo delle attività tradizionali (pay out del 60% sui risultati), ma ha anche mantenuto elevati gli investimenti: 4,1 miliardi di euro di cui l’83% sarà destinato allo sviluppo della rete. Gli analisti si aspettavano investimenti minori a 3,6 miliardi.

Solo lo scorso anno Terna ha realizzato investimenti record per 1,240 miliardi di euro. Ora di questi 4,1 miliardi circa 300 milioni saranno destinati alla realizzazione dei sistemi di accumulo. Mentre sul fronte delle attività non tradizionali, la strategia del gruppo ha permesso di consolidare una pipeline di circa 400 milioni di euro, sviluppando attività nell’ambito dell’ingegneria, dell’operation and maintenance e dell’housing di fibra ottica, a cui si potrebbero aggiungere ulteriori 900 milioni potenziali, attualmente non inclusi nelle previsioni di piano.

E’ chiaro quindi che il dividendo base di 19 centesimi di euro potrà essere migliorato grazie al contributo delle attività non tradizionali. Piano che in un orizzonte di medio-lungo termine, ovvero 10 anni, prevede investimenti per 7,9 miliardi di euro. Le priorità saranno l’incremento della capacità di interconnessione con l’estero e la riduzione delle congestioni nazionali. Attualmente, infatti, Terna ha oltre 150 cantieri aperti su tutto il territorio nazionale, per un valore di 3 miliardi di euro.

Tra gli obiettivi dell’utility quello più ambizioso è sicuramente il raggiungimento di un ebitda margin a fine piano a oltre l’80%, dall’attuale 76% grazie all’aumento dei ricavi e al controllo dei costi che si tradurranno in un’ulteriore crescita della profittabilità. Lo stesso ad di Terna, Flavio Cattaneo, ha ammesso che il nuovo piano continua ad avere obiettivi ambiziosi.

“La società punta a completare il rinnovo e potenziamento della rete di trasmissione nazionale ed esplorare nuove opportunità di business in attività non tradizionali, in Italia e all’estero, che stanno già dando un loro importante contributo”, ha affermato Cattaneo, aggiungendo che su questo doppio binario strategico Terna continuerà a perseguire efficienza, sicurezza e minor costo del sistema elettrico, a beneficio di tutti, e a creare “valore per i nostri azionisti ai quali, ne siamo convinti, daremo ancora molte soddisfazioni”.

Il piano dovrebbe anche consentire di ridurre di 600 milioni l’incremento dell’indebitamento finanziario rispetto al precedente piano (un miliardo contro 1,6 miliardi). La struttura del capitale rimarrà dunque solida: il rapporto fra indebitamento netto e Rab si manterrà inferiore al 60% in tutti gli anni e si prevede che il rapporto fra indebitamento netto ed ebitda scenda sotto le 4 volte al 2017. Un aspetto, quest’ultimo, apprezzato dagli analisti che invece si aspettavano un aumento del debito dai 5,9 miliardi del 2012 a 7,1 miliardi di euro.

Il titolo comunque a Piazza Affari resta poco mosso (+0,13% a 3,05 euro). Per Terna il 2013 “sarà un anno positivo nonostante il difficile scenario macroeconomico”, ha previsto Cattaneo, concludendo che la società finora ha “fatto quello che doveva fare e che ha promesso di fare”.

FONTE: Milano Finanza

Flavio Cattaneo, Terna Piano Strategico 2013-2017 obiettivi ambiziosi

Terna, per il 2012 dati di bilancio record. Il gruppo ha visto crescere i ricavi a oltre 1,8 miliardi di euro (+10%). “Il nuovo piano continua ad avere obiettivi ambiziosi”, ha spiegato l’AD Flavio Cattaneo presentando le strategie del gruppo dal 2013 al 2017. La società punta a “completare il rinnovo e potenziamento della Rete di Trasmissione Nazionale, ed esplorare nuove opportunità di business in attività non tradizionali, in Italia e all’estero, che stanno già dando un loro importante contributo”.

Conti d’oro/ Terna, Cattaneo mette le ali ai ricavi e conferma la cedola da 19 centesimi

Il colosso della rete elettrica alza il velo sul consolidato del 2012, bilancio con numeri record, come anticipato da Affaritaliani.

Il gruppo guidato dall’amministratore delegato Flavio Cattaneo (nella foto) ha visto infatti i ricavi crescere di due cifre a oltre 1,8 miliardi di euro (+10%) e il margine operativo lordo salire del 12% a 1,38 miliardi.

Nell’ultima gestione, l’Ebitda margin supera per la prima volta il 76%, in crescita rispetto al 75,2% del 2011. Nel 2012 le attività non tradizionali hanno generato un Ebitda pari a oltre 60 milioni di euro, in linea con le previsioni.

In aumento, secondo quanto fissato dal precedente piano industriale, anche gli investimenti, al livello record di 1,24 miliardi. Voce che, secondo quanto ha fatto sapere la società, ha spinto l’Indebitamento finanziario a 5.9 miliardi di euro (5,123 nel 2011). Nel comunicare al mercato le nuove strategie della società, con l’aggiornamento del piano industriale (al 2017), Cattaneo ha confermato la politica dei dividendi, con una cedola base derivante dalle attività tradizionali, pari a 19 centesimi di euro per azione, a cui si aggiungerà il contributo delle attività non tradizionali (pay out del 60% sui risultati). In crescita anche gli investimenti complessivi che al termine del piano industriale raggiungeranno un livello complessivo di 4,1 miliardi per la manutenzione e lo sviluppo della rete, di cui circa 300 milioni in sistemi di accumulo.

“Il nuovo piano continua ad avere obiettivi ambiziosi”, ha spiegato Cattaneo presentando le strategie del gruppo dal 2013 al 2017. La società punta a “completare il rinnovo e potenziamento della Rete di Trasmissione Nazionale, ed esplorare nuove opportunità di business in attività non tradizionali, in Italia e all’estero, che stanno già dando un loro importante contributo”. Secondo il manager “su questo doppio binario strategico continueremo a perseguire efficienza, sicurezza e minor costo del sistema elettrico, a beneficio di tutti, imprese e cittadini, e la creazione di valore per i nostri azionisti ai quali, ne siamo convinti, daremo ancora molte soddisfazioni”.

“Le infrastrutture elettriche”, ha proseguito Cattaneo, “sono una priorità del Paese anche in chiave europea e mediterranea e costituiscono un volano fondamentale per la crescita, lo sviluppo e il lavoro: dal 2005 6,5 miliardi già investiti in opere concrete da Terna sono la tangibile testimonianza che si può fare bene alla collettività e contemporaneamente alla propria azienda e ai propri azionisti. Abbiamo ancora una volta superato un anno molto difficile con risultati in crescita che premiano l’eccellente lavoro svolto dalla squadra di Terna”.

Positiva la reazione del mercato ai numeri di Terna. Secondo gli analisti del broker americano Berenberg, il titolo ha mostrato una tendenza storica di medio termine molto rialzista. Gli esperti hanno in conseguenza fissato per il gruppo di Cattaneo un giudizio hold (azione da tenere) ed un target price (prezzo obiettivo) a 3,15 euro. A Piazza Affari, il titolo si è apprezzato dello 0,15% a 3,05 euro.

FONTE: Affari Italiani

Terna: Cattaneo, su investimenti fatti no promesse, sempre rispetto tempi

I numeri di Terna sugli investimenti “sono investimenti fatti, non promesse. La società ha fatto il suo dovere”.

L’amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo, durante la conferenza stampa dopo la presentazione del piano strategico 2013-2017 replica ai rilievi di Antitrust e Autorità per l’energia sugli investimenti nella rete di trasmissione, snocciolando i numeri: 6,5 miliardi di investimenti complessivi realizzati negli ultimi anni e investimenti annui nel triennio 2010-2012 quasi 5 volte superiori a quelli del 2005, anno di separazione dall’ex monopolista.

A chi gli chiedeva se ci sia un qualche impatto negativo dal sistema di incentivi/penalità previsto dall’Autorità, Cattaneo ha precisato: “Il sistema può essere incentivante o penalizzate e per noi è stato incentivante. Abbiamo sempre rispettato i tempi di consegna e di realizzazione, non ci spaventa più di tanto”. Cattaneo ha indicato che “non ci sono impatti negativi dal sistema dell’Autorità, precisando che “il sistema incentivi/penalità esiste dal 2010, lo hanno solo pitturato a nuovo”.

FONTE: Il Sole 24 Ore

Flavio Cattaneo: Terna tra i sustainability leaders

World Economic Forum, Terna tra i “sustainability leaders”, unica società elettrica italiana presente nella Gold Class, la classifica mondiale della sostenibilità. Questo l’esito del RobecoSAM, Sustainability Yearbook 2013, presentato al World Economic Forum Annual Meeting di Davos, che posiziona Terna sul podio del settore Electricity. Una conferma di prestigio per la società guidata da Flavio Cattaneo, che rispecchia il continuo impegno della società per un approccio sostenibile.

Terna: unica società elettrica italiana in classifica sostenibilità

Quest’anno nella Gold Class solo 67 aziende nel mondo

Terna è l’unica società elettrica italiana presente nella Gold Class, il Gotha mondiale della sostenibilità. Questo l’esito del RobecoSAM, Sustainability Yearbook 2013, presentato al World Economic Forum Annual Meeting di Davos, che posiziona Terna sul podio del settore Electricity guidato da Iberdrola. Con questo risultato l’azienda ottiene per il secondo anno consecutivo la Gold Class, in cui rientrano quest’anno solo 67 aziende al mondo, collocandosi così ai vertici del settore davanti a prestigiose società come Red Electrica de Espana (Spagna), E.On AG (Germania), GDF Suez S.A. (Francia). Terna, già Bronze Class nel 2010 e Silver Class nel 2011, è per il quarto anno consecutivo tra i ”sustainability leaders”. RobecoSAM ha valutato quest’anno oltre 2000 società, appartenenti a 58 settori diversi, selezionando quelle più performanti per le politiche di sostenibilità. ”Una conferma della solidità di Terna – sottolinea la società – che da sempre persegue i propri obiettivi di business attraverso un approccio sostenibile”

FONTE: Il Velino

Terna: unica società elettrica italiana in classifica sostenibilità

Terna è l’unica società elettrica italiana presente nella Gold Class, la classifica mondiale della sostenibilità. Questo l’esito del RobecoSam, Sustainability Yearbook 2013, presentato al World Economic Forum Annual Meeting in corso a Davos, che posiziona Terna sul podio del settore Electricity guidato da Iberdrola.

Con questo risultato, afferma una nota, l’azienda guidata da Flavio Cattaneo ottiene per il secondo anno consecutivo la Gold Class, in cui rientrano quest’anno solo 67 aziende al mondo, collocandosi così ai vertici del settore davanti a prestigiose società come Red Electrica de Espana (Spagna), E.On Ag (Germania), GdF Suez S.a. (Francia). Terna, già Bronze Class nel 2010 e Silver Class nel 2011, è per il quarto anno consecutivo tra i “sustainability leaders”.

FONTE: Corriere

Terna per il secondo anno consecutivo ottiene Gold Class

Terna è l’unica società elettrica italiana presente nella Gold Class, il Gotha mondiale della sostenibilità. Questo l’esito del RobecoSAM, Sustainability Yearbook 2013, presentato al World Economic Forum Annual Meeting in corso a Davos, che posiziona Terna sul podio del settore Electricity guidato da Iberdrola. Con questo risultato l’azienda guidata da Flavio Cattaneo ottiene per il secondo anno consecutivo la Gold Class, in cui rientrano quest’anno solo 67 aziende al mondo, collocandosi così ai vertici del settore davanti a prestigiose società come Red Electrica de España (Spagna), E.On AG (Germania), GDF Suez S.A. (Francia). Terna, già Bronze Class nel 2010 e Silver Class nel 2011, è per il quarto anno consecutivo tra i ‘sustainability leaders’. Un riconoscimento di prestigio per la spa dell’alta tensione considerato che RobecoSAM ha valutato quest’anno oltre 2000 società, appartenenti a ben 58 settori diversi, selezionando quelle più performanti per le politiche di sostenibilità. Una conferma, si legge nella nota, ”della solidità di Terna che da sempre persegue i propri obiettivi di business attraverso un approccio sostenibile”. RobecoSAM, è l’agenzia internazionale di rating che effettua lo screening delle aziende valutandone la possibilità di accesso, di permanenza o l’esclusione dagli indici Dow Jones Sustainability in base ad un’analisi etica che esamina una review delle principali controversie e la verifica di conformità a severi criteri di performance economica, ambientale e sociale. Il continuo miglioramento delle proprie performance Esg (Environmental, Social, Governance) è valso a Terna nel tempo una costante crescita delle valutazioni nei rating di sostenibilità, l’apprezzamento degli investitori socialmente responsabili e l’inclusione nei principali indici borsistici internazionali di sostenibilità quali il Dow Jones Sustainability (World e Europe), Stoxx Global Esg, Ftse4Good (Global e Europe), Ecpi, Ftse Ecpi; Msci, Aspi Eurozone, Ethibel e Axia.

FONTE: Il Tempo

Flavio Cattaneo: Al via i lavori a Torino per realizzare la nuova stazione elettrica Politecnico di Terna

Al via i lavori in via Spalato a Torino, per realizzare la nuova stazione elettrica Politecnico di Terna. Un connubio tra estetica, rispetto per l’ambiente e la salute, per un investimento complessivo di 170 milioni. La nuova stazione consentirà il transito e lo scambio di energia collegando le dorsali in cavo che alimentano il capoluogo con una serie di benefici, in termini di sicurezza ed efficienza, per il sistema elettrico. La struttura è progettata per ridurre al minimo l’impatto visivo e l’inquinamento acustico e ambientale.

Ambiente, salute. E perchè no, estetica. Tre priorità che valgono un investimento complessivo di 170 milioni.

A Torino c’è un nuovo cantiere: sono partiti i lavori per realizzare la stazione elettrica Politecnico di Terna, società presieduta da Luigi Roth e guidata da Flavio Cattaneo. Obiettivo della struttura, illustrata nel rendering e completata all’inizio del prossimo anno, sarà consentire il transito e lo scambio di energia collegando le dorsali in cavo che alimentano il capoluogo con una serie di benefici, in termini di sicurezza ed efficienza, per il sistema elettrico.

Ma conviene precisare che la stazione, collocata all’intersezione tra via Spalato e via D’Annunzio, rappresenta il tassello importante di un piano più ambizioso, frutto dell’accordo siglato dalla Regione e da Terna nel 2008: il riassetto della rete, a tratti obsoleta, tramite l’interramento dei cavi ad alta tensione. Significa molte cose: maggiore sicurezza, certo. Ma anche la scomparsa dei tralicci, o la loro sostituzione con quelli di nuova generazione, seguita dalle ricadute del caso in termini di impatto ambientale.

Nei mesi scorsi Terna, guidata da Flavio Cattaneo, ha concluso la prima tranche di lavori nel quadrante occidentale con cinque collegamenti interrati – Salvemini-Torino Ovest; Sangone-Salvemini; Grugliasco-Gerbido; Gerbido-Salvemini; Sangone-Torino Sud – e quattro nuove stazioni elettriche: Salvemini, Grugliasco, Gerbido, Pellerina. Pochi giorni fa ha ottenuto il via libera dal Ministero dello Sviluppo Economico per i nuovi cavi interrati Martinetto-Levanna e Politecnico-Torino Sud. A fine interventi, spiegano dall’azienda, saranno 20 le opere realizzate (cinque stazioni elettriche e 15 collegamenti in cavo interrato) e 58 i chilometri di vecchi elettrodotti aerei dismessi a fronte della costruzione di appena sette chilometri di nuove linee aeree ad alta tecnologia, basso impatto ambientale e cromatismi compatibili con il paesaggio. Ulteriori benefici ambientali rimandano al riutilizzo dei vecchi tracciati, pari al 65%, alla minimizzazione dell’apertura dei cantieri e alla minimizzazione degli impatti paesaggistici, concordata con gli enti di riferimento.

Una svolta che nasce dall’esigenza di ammodernare la rete, risalente agli Anni ’50, e garantire la tenuta delle potenze in transito – anche nell’ottica dell’aumento dei carichi in città – evitando congestioni in una delle aree che, va da sè, è tra le più importanti del Piemonte. La stazione in costruzione, 650 metri quadrati, sarà articolata in tre volumi: il primo, il più grande, ospiterà le apparecchiature ad alta tensione; il secondo, parallelo al primo, costituisce una manica di servizio, mentre il terzo ospiterà la sala quadri, i servizi ausiliari e quelli logistici. Sarà poi realizzata una cabina prefabbricata per la società distributrice per l’alimentazione in media tensione dei servizi ausiliari.

Non ultimo: la struttura è progettata per ridurre al minimo l’impatto visivo e l’inquinamento acustico e ambientale: le apparecchiature, racchiuse nell’edificio principale, non saranno visibili dall’esterno; data l’assenza di turbine e macchinari non verranno emessi fumi, odori o rumori. Il progetto è frutto di un accordo con le istituzioni locali, in particolare Palazzo civico. Nell’occasione, Terna ha versato, tra l’altro, 30 mila euro alla terza circoscrizione per la realizzazione di una nuova area cani al posto di quella che sorgeva nella zona.

FONTE: La Stampa

Salvatore Sardo: Eni si conferma al primo posto nella graduatoria Best Employer of choice 2013

Eni best employer 2013. Nella classifica Best employer of choice 2013, l’indagine condotta da Cesop Communication sulle aziende più ambite dai neolaureati, Eni si conferma al primo posto. “I ragazzi sanno che lavorare per una realtà solida che permette di avere esperienze internazionali diventa una garanzia per la loro carriera”, spiega Salvatore Sardo, Chief Corporate Operations Officer di Eni.

Eni Best Employer of Choice 2013_Repubblica.it

Altro che “bamboccioni”. Oggi i giovani si laureano presto e bene sognando il posto fisso. Sanno perfettamente che per trovare un lavoro devono puntare tutto sull’eccellenza, perché la crisi non lascia scampo e la concorrenza è spietata. Chiedono stabilità, non solo contrattuale ma anche aziendale, motivo per cui preferiscono grandi realtà solide e sicure come Eni, Ferrovie dello Stato e Bnl – Gruppo Bnp Paribas.

Questo è quanto emerge dal Best Employer of Choise 2013, l’indagine condotta da Cesop Communication sulle aziende più ambite dai neolaureati. I giovani di oggi sono allergici alle piccole imprese e al lavoro autonomo, ma anche al settore pubblico che forse rappresenta un percorso troppo lungo e burocratico. Ed è stato loro il compito di dare le “pagelle” a 150 imprese: la prima della classe resta Eni, seguita da Ferrovie dello Stato, Bnl-Bnp Paribas (salita di undici posizioni in un anno), Apple e Banca d’Italia (entrambe quarte), Google e Mondadori (entrambe quinte). Perdono invece appeal sui laureati Intesa Sanpaolo (passata dal secondo al settimo posto), Ferrero, Enel, Ferrari, Roche e Angelini Farmaceutici. La scelta ricade dunque su multinazionali e grandi imprese italiane: «Ad essere premiate sono soprattutto le aziende che investono sui giovani assumendo – spiega il direttore della ricerca Giuseppe Caliccia – ma anche quelle che garantiscono maggiore stabilità contrattuale e di assetto aziendale e che forniscono opportunità formative più concrete rispetto ai competitor».

Proprio come Eni, presente in 85 paesi con 79 mila dipendenti in tutto: «Questi ragazzi conoscono bene la nostra azienda e sanno che, in un momento in cui tante certezze vengono meno, lavorare per una realtà solida che permette di avere esperienze internazionali diventa una garanzia per la loro carriera – spiega Salvatore Sardo, Chief Corporate Operations Officer di Eni – La percezione positiva che i neolaureati hanno di noi dipende anche dagli investimenti che facciamo sulla formazione (70 milioni di euro l’anno e 3,5 milioni di ore). Ormai sono tutti consapevoli che entrare in una azienda senza avere la possibilità di una formazione continua significa restare fuori dal mercato». Dunque solidità e formazione, ma non solo: «Eni assume 300-400 giovani laureati ogni anno – continua Sardo –. Tra l’altro, le assunzioni femminili sul totale sono passate dal 20% di cinque anni fa al 23% attuale, con l’obiettivo però di arrivare al 28%”.

Oltre alla solidità dell’azienda, a fare la differenza sono anche le strategie di comunicazione e di employer branding, come ha dimostrato la scalata in classifica di Bnl–Gruppo Bnp Paribas (2 miliardi e 400 milioni di euro di fatturato in Italia nei primi nove mesi del 2012 e circa 13.500 dipendenti): «Negli ultimi due anni abbiamo sviluppato una relazione diretta con i giovani, con focus su canali social, attività innovative e dedicate all’orientamento al lavoro e job meeting nelle università», sottolinea Stefano Colasanti, responsabile organici, costi, mobilità e recruiting Direzione Risorse Umane di Bnl. Oltre a questo la banca ha lanciato i “Recruiting Day Bnl”, ovvero giornate durante le quali i candidati entrano in banca e sostengono prove e colloqui. Alla fine, i migliori ricevono una lettera d’impegno di assunzione: «Siamo arrivati alla settima edizione, con 300 partecipanti dei quali 150 assunti». E poi: «Noi puntiamo sempre a scovare i talenti. Quello che chiediamo in più ai giovani – conclude Colasanti – è un’ottima capacità di reazione e di adattamento».

Ma l’impresa che ha scalato più posizioni in assoluto è Unilever (14 in tutto, arrivando settima), azienda internazionale di beni di largo consumo che opera anche in Italia, dove ha 3 mila dipendenti e un fatturato di 1,1 miliardi di euro nel 2011: «Per noi è una bella sorpresa perché premia tutto il lavoro fatto negli ultimi anni – dice Constantina Tribou, Human Resources Vice President Unilever Italia, Grecia e Portogallo – Abbiamo implementato la nostra strategia di comunicazione rendendola più chiara e ampliato anche l’employer branding. In particolare, siamo andati più spesso nelle università per farci conoscere illustrando alcuni progetti come l’Agile Working, ovvero permettere ai dipendenti di organizzare le ore di lavoro in base alle loro esigenze per ottenere risultati più efficaci, come nel caso delle madri. Alla fine, i ragazzi apprezzano la nostra meritocrazia nello sviluppo delle persone, le politiche di Work Life Balance, ma anche il carattere internazionale dell’azienda ». E le assunzioni? «Per vincere in un mercato in crisi, noi cerchiamo i migliori talenti e puntiamo a farli crescere». Nel grafico qui sopra, a graduatoria delle imprese più richieste dai giovani laureati sia nel 2012 che nel 2011, con i relativi cambiamenti di posizione.

FONTE: Repubblica.it

New York Times, Eni, scommessa vinta in Mozambico

Per l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, le scoperte sono giunte dopo cinque anni di studi di Eni nell’Africa dell’Est, dove si era finora trovato poco gas e altrettanto poco petrolio. “Pur essendo il Mozambico un paese giovane, ci è sembrato che le possibilità di trovare qualcosa fossero ragionevoli, circa del 20 per cento”, ha detto Scaroni nel corso di un’intervista a Milano. “Ovviamente è una situazione di alto rischio/alto rendimento”.

Richard Carson/ReutersPaolo Scaroni è l’amministratore delegato di ENI SpA, che ha trovato grandi campi di gas naturale in Mozambico, nell’Africa orientale.

Richard Carson/Reuters
Paolo Scaroni è l’amministratore delegato di ENI SpA, che ha trovato grandi campi di gas naturale in Mozambico, nell’Africa orientale.


MILANO — In una zona appartata di un edificio alla periferia di Milano c’è la “stanza del nirvana”, così chiamata, forse, per le buone notizie che cela. Qui, i geologi che lavorano per Eni, l’azienda petrolifera italiana, inforcano gli occhiali 3-D per contemplare le immagini fluorescenti delle formazioni geologiche sotterranee, cercando di scoprire quale potrebbe meritare delle perforazioni esplorative da decine di milioni di dollari.

Lo stato d’animo in Eni è stato prossima al nirvana ultimamente, dopo alcune preziose intuizioni dei suoi ricercatori. A partire dal 2010, Eni e una società concorrente, la Anadarko Petroleum, con sede a Houston, in Texas, hanno realizzato una serie di scoperte al largo del Mozambico, nell’Africa orientale, che si aggiungono alla più grande scoperta in termini di gas naturale degli ultimi anni, equivalente a circa 16 milioni di barili di petrolio.

Eni controlla la quota più grande delle scoperte in Mozambico, con il 70 per cento di una zona off shore nell’Oceano Indiano chiamata Area 4, in quello che è noto come bacino di Rovuma.
L’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha detto che le scoperte sono giunte dopo cinque anni di studi di Eni nell’Africa dell’Est, dove si era finora trovato poco gas e altrettanto poco petrolio. Quando il Mozambico rese disponibili le zone di ricerca, nel 2006, Eni vinse la gara d’appalto e ebbe quella che voleva.

Ora la sfida è quella di sfruttare appieno questa opportunità. Per farlo, la società dovrà aiutare il Mozambico a gestire la transizione nel diventare un importante paese esportatore di energia. Inoltre, la costruzione di impianti da miliardi di dollari in zone isolate, dove trasformare il gas naturale in liquidi da trasportare su apposite navi dedicate, metterà alla prova le capacità di Eni.
Attualmente, quello della ricerca di gas naturale e di petrolio è un settore pieno di rischi geopolitici oltre che geologici, come ha dimostrato chiaramente il recente attacco e la cattura di ostaggi in un impianto in Algeria. Eni è consapevole, come lo sono tutte le aziende europee che lavorano nel settore dell’energia, dei pericoli che comporta l’instabilità politica del Nord Africa, considerando le sue notevoli attività in Algeria e in Libia.

Almeno per ora, tuttavia, il Mozambico non è uno dei paesi africani più problematici. E comunque, le compagnie petrolifere tendono a seguire le opportunità ovunque ne trovino.
“Pur essendo il Mozambico un paese giovane, ci è sembrato che le possibilità di trovare qualcosa fossero ragionevoli, circa del 20 per cento”, ha detto Scaroni nel corso di un’intervista a Milano. “Ovviamente è una situazione di alto rischio/alto rendimento”.

Dopo l’annuncio dato da Anadarko, un’azienda indipendente statunitense, di una scoperta in un tratto adiacente, Eni, che si preparava a trivellare in’altra parte dell’area a lei assegnata, decise di mettere il suo primo pozzo nei pressi del tratto di competenza di Anadarko.

Scaroni, laureato presso la Columbia Business School di New York con un master in gestione aziendale, ottenne l’incarico più importante in Eni nel 2005 dopo aver speso una buona parte della sua carriera all’estero e in settori diversi da quello petrolifero. Ha gradualmente riorganizzato l’azienda facendone qualcosa di più che una macchina per la ricerca e la produzione di petrolio e di gas naturale e qualcosa di meno rispetto al pesante conglomerato statale di imprese che arrancava al secondo livello tra i giganti petroliferi globali..

Scaroni, che ha 66 anni, ha anche il delicato compito di mantenere i rapporti di Eni con un gruppo di paesi ospiti tanto ricchi di combustibili fossili quanto problematici come Iraq, Libia, Russia, Venezuela e, in Africa, l’Angola e la Repubblica del Congo. Si reca regolarmente in luoghi come Baghdad o Brazzaville, dove altri dirigenti esitano ad andare.
Nel corso dell’intervista, aveva in mente il giacimento di Zubair in Iraq. “Abbiamo un’azienda con 150 espatriati in Iraq, con un grande sforzo per la sicurezza, e il risultato economico per noi è minimo, dato che siamo pagati 2 dollari a barile”, ha detto. “A volte ci chiediamo: ne vale la pena?”

Eni è il più grande produttore straniero di petrolio e gas tanto in Algeria che in Libia. I dirigenti dell’Eni dicono di essere rimasti sorpresi e colpiti da ciò che è accaduto a BP e a Statoil, partner nell’impianto algerino recentemente attaccato, e stanno a loro volta aumentando le proprie misure di sicurezza. Dicono che l’Eni ha già un numero consistente di militari nel perimetro dei suoi siti algerini, mentre in apparenza non c’erano soldati assegnati all’impianto di In Amenas che ha subito l’aggressione.

Fin qui, Scaroni ha guidato senza problemi l’Eni facendole attraversare la caotica transizione libica dal regime del colonnello Mu’ammar Gheddafi al nuovo governo ancora alla ricerca del proprio equilibrio. A differenza della maggior parte delle altre compagnie petrolifere, Eni ha prosperato sotto il regime di Gheddafi, creando nuovi giacimenti e costruendo un impianto da 9 miliardi di dollari a Mellitah, a ovest di Tripoli, per trasportare il gas naturale sotto il Mediterraneo.

Scaroni si affrettò ad andare a Bengasi nell’aprile del 2011 per incontrare la leadership dei ribelli, ancor prima della caduta del colonnello Gheddafi. Da allora, Eni ha ripreso la maggior parte della sua produzione libica, che rappresenta il 14% della sua produzione di petrolio e di gas naturale.

Scaroni sa, però, di non potersi sentire soddisfatto. Il giacimento di Wafa, un importante sito dell’Eni in Libia, si trova a 35 chilometri, 0 22 miglia, ad est di In Amenas. I libici hanno un particolare incentivo a proteggere il giacimento, che tiene accesa l’illuminazione in quel paese, e produce il 50% del gas che alimenta gli impianti elettrici libici.
Nell’ottenere subito un accesso in Mozambico, l’Eni ha battuto altre grandi compagnie petrolifere che sono rimaste fuori dal paese, che pure è stato protagonista di quattro su cinque dei più grandi ritrovamenti avvenuti l’anno scorso a livello mondiale.

“Ci siamo persi l’Africa orientale”, ha lamentato in una recente conferenza Mike Daly, direttore delle ricerche della BP. “Gli uomini dell’Eni sono quelli che hanno avuto più successo in quella zona”.

Con i ritrovamenti in Mozambico, e quelli nel mare di Barents e al largo dell’Indonesia, Scaroni ha un ampio margine di manovra per fare ciò che uno dei grandi azionisti dell’Eni, la Knight Vinke Asset Management, un gestore di fondi attivisti con sede a Monaco, ha raccomandato: concentrarsi sull’esplorazione e la produzione e liberarsi degli altri assets.

FONTE: Nytimes.com

Italy’s Oil Leader, Eni, makes a push toward the top. Huge natural gas field discovered in Mozambique

Eni’s chief executive, Paolo Scaroni, said the discoveries had come after Eni spent five years studying East Africa, where very little oil and natural gas had been found. When Mozambique made exploration blocks available in 2006, Eni bid and got the one it wanted. “Although Mozambique was a new country, we thought the chances were reasonable, about 20 percent,” of finding something, Mr. Scaroni said during an interview in Milan. “Of course it was high-risk, high-reward.”

Richard Carson/ReutersPaolo Scaroni is the chief executive of Eni of Italy, which has found huge natural gas fields in Mozambique in East Africa

Richard Carson/Reuters
Paolo Scaroni is the chief executive of Eni of Italy, which has found huge natural gas fields in Mozambique in East Africa

 

MILAN — Tucked away in a building on the outskirts of Milan is the “nirvana room,” so called perhaps because of the good tidings it contains. There, geologists working for the Italian oil company Eni don 3-D glasses to contemplate fluorescent images of underground geological formations and try to divine which might be worth tens of millions of dollars in exploratory drilling.

The mood around Eni has been nirvana-like lately as the company’s explorers have made some lucrative enlightened guesses. Beginning in 2010, Eni and a rival, the Houston-based Anadarko Petroleum, made a series of finds off Mozambique, a country in East Africa, that add up to the largest natural gas discovery of recent years — the equivalent of about 16 billion barrels of oil.

Eni controls the largest share of the Mozambique findings, with 70 percent of an offshore block in the Indian Ocean called Area 4, in what is known as the Rovuma Basin.

Eni’s chief executive, Paolo Scaroni, said the discoveries had come after Eni spent five years studying East Africa, where very little oil and natural gas had been found. When Mozambique made exploration blocks available in 2006, Eni bid and got the one it wanted.

The challenge now will be to fully capitalize on that opportunity, which will require the company to help manage Mozambique’s transition into a major energy exporter. And building multibillion-dollar plants in remote areas to turn natural gas into liquids for transport on specialized ships will also test Eni’s skills.

These days, oil and natural gas exploration is an industry as fraught with geopolitical risks as it is with geological ones, as the recent hostage-taking attack in Algeria has made clear. And Eni is as aware as any European energy company of the dangers of politically volatile North Africa, given its own extensive operations in Algeria and Libya.

But for now, at least, Mozambique is not one of Africa’s trouble spots. And in any case, energy companies tend to follow opportunities wherever they can find them.

“Although Mozambique was a new country, we thought the chances were reasonable, about 20 percent,” of finding something, Mr. Scaroni said during an interview in Milan. “Of course it was high-risk, high-reward.”

It was after Anadarko, a U.S. independent, announced a discovery in an adjacent tract that Eni, which had been preparing to drill in another part of its block, decided to put its first well near Anadarko’s tract.

Mr. Scaroni, a graduate of Columbia Business School in New York with a master’s degree in business administration, took the top job at Eni in 2005 after spending much of his career outside Italy and the oil business. He has been gradually reshaping the company into more of a machine for finding and producing oil and natural gas and less of the lumbering state conglomerate that had toiled in the second tier of global oil giants.

Mr. Scaroni, 66, also has the crucial task of maintaining Eni’s relationships with a group of fossil-fuel-rich but prickly host countries that include Iraq, Libya, Russia, Venezuela and, elsewhere in Africa, Angola and the Republic of Congo. He regularly turns up in places like Baghdad or Brazzaville that might give other chief executives pause.

During the interview, the Zubair field in Iraq was on his mind. “We have a company with 150 expatriates in Iraq, with a huge effort for security, and the economic result for us is very little, since we are paid $2 per barrel,” he said. “From time to time, we ask ourselves: Is it worth it?”

Eni is the largest foreign producer of oil and gas in both Algeria and Libya. Eni executives say they were surprised and shocked by what happened to BP and Statoil, which are partners in the Algerian plant that was seized, and are tightening up their own security measures. They note that Eni already has large numbers of Algerian troops inside the perimeters of its Algerian sites, while troops apparently were not posted inside the seized complex at In Amenas.

So far, Mr. Scaroni has smoothly sailed Eni through Libya’s chaotic transition from the regime of Col. Muammar el-Qaddafi to a new government that is still trying to find its balance. Unlike most other oil companies, Eni thrived under the Qaddafi regime, developing new fields and building a $9 billion facility at Mellitah, west of Tripoli, to pipe natural gas under the Mediterranean.

Mr. Scaroni was quick to go to Benghazi in April 2011 to meet the rebel leadership, even before Colonel Qaddafi’s fall. Since then, Eni has restored most of its Libyan production, which represents 14 percent of Eni’s oil and natural gas output.

But Mr. Scaroni knows he cannot be complacent. The Wafa field, an important Eni site in Libya, is 35 kilometers, or 22 miles, east of In Amenas. The Libyans do have a special incentive for protecting the field: It keeps the lights on in that country, producing 50 percent of the gas that fuels Libyan power plants.

In gaining early access to Mozambique, Eni trumped other major oil companies, which have been shut out of the country, even though it was the scene of four of the five largest finds worldwide last year.

“We missed East Africa,” Mike Daly, BP’s head of exploration, lamented at a recent conference. “Eni are the people who have been the most successful there.”

With the finds in Mozambique, along with others in the Barents Sea and off Indonesia, Mr. Scaroni has leeway to do what one of Eni’s big shareholders, Knight Vinke Asset Management, an activist fund manager based in Monaco, has been urging: focus on exploration and production and get rid of extraneous assets.

He is gradually selling Eni’s holdings in other businesses, including SNAM, a regulated natural gas distribution business in Italy, and a 33 percent holding in GALP, a Portuguese oil company. Those deals have raised about €7.4 billion, or $9.9 billion, and have helped cut net debt. “We are preparing the balance sheet to be ready to develop all the discoveries we have made,” Mr. Scaroni said, noting that Eni faced a “season of big capital expenditure” before reaping the rewards of added production.

Given the new focus, Mr. Scaroni has resisted selling Eni’s controlling stake in Saipem, a drilling and engineering subsidiary. That is despite Saipem’s having embarrassed Eni in December when Milan prosecutors said they were investigating company executives over suspicions of corruption in Algeria.

As part of that episode, Saipem’s chief executive resigned; so did Eni’s chief financial officer, who had previously been finance chief at Saipem.

The combination of discoveries and disposals plus the prospect of a buyback of as much as €6 billion of the company’s stock helped lift Eni’s share price 15 percent last year. That was the second-best stock performance among major oil companies, after Rosneft of Russia, according to Bernstein Research, an investment analysis firm. Eni’s stock is up an additional 5.6 percent so far in January.

For investors, that is a welcome change for a company that had previously lagged behind its peers. “We have to give them credit for executing,” said Oswald Clint, an analyst at Bernstein in London.

To keep up the strong performance, though, Eni faces some difficult tasks and decisions. A big question is whether Eni — or Anadarko, for that matter — has what it takes to manage Mozambique’s likely transition from a small onshore producer to potentially one of the world’s leading natural gas exporters, on a scale with Australia and Qatar. To export to the Asian customers that are the most likely buyers, Mozambique will need huge liquefied natural gas plants for preparing the gas for shipping, as well as other facilities that do not yet exist.

Neither Eni nor Anadarko has strong credentials in processing and shipping liquefied natural gas, or L.N.G., which requires skills beyond those required for conveying natural gas via pipelines. Another complexity will be the remote location of the facilities.

“Northern Mozambique is pretty much a frontier area lacking any infrastructure; this will add to the challenges of developing Mozambique L.N.G.,” said Mansur Mohammed, an analyst in Edinburgh for Wood Mackenzie, an energy and mining research firm. Mr. Mohammed estimated the cost of the initial phase of the projects at about $50 billion.

Mr. Scaroni said that Mozambique would become larger than any investment Eni had previously made. He acknowledged that he was talking to other companies about selling potential stakes, though he said Eni preferred to do more exploration and initial development before bringing in partners.

On Dec. 21, Eni and Anadarko signed an agreement to build L.N.G. facilities together, which could help cut costs.

A logical partner would be Royal Dutch Shell, one of the world’s leading L.N.G. players. Shell agreed last year to buy Cove Energy, a small British company that holds an 8.5 percent stake in Anadarko’s Mozambique block. But Shell was outbid by PTT Exploration & Production of Thailand, which paid about £1.2 billion, or $1.9 billion.

Based on the Cove sale, Eni figures that its share of Mozambique natural gas is valued in the $15 billion range.

Mr. Scaroni said that under its president, Armando Guebuza, Mozambique had devised a “very reasonable” program for developing its oil and natural gas resources with the aid of advisers from Norway, a country whose petroleum system has become a model for new producers. The government of Mozambique seems to have little problem with its foreign partners making profits, but it wants to make sure that natural gas is used for the country’s development.

“The government seems to signal that it wants the commercial companies to make a good profit but not to give them the lion’s share,” said Bjorn-Erik Leerberg, a partner at Simonsen, a Norwegian law firm that has been advising Mozambique.

Mozambique is not expected to start producing the offshore natural gas until late in this decade at the earliest. Bernstein has said it expects Mozambique to yield very high returns on investment, close to 30 percent, for its gas developers. Of course, achieving that sort of profit would require a stable government; continued high prices for natural gas in Asia, which have yet to be affected by the shale gas boom in the United States; and smooth and efficient operations.

Eni’s track record on major projects has not always been stellar. Delays and cost overruns have reduced returns to an estimated 7 percent on the giant Kashagan project in Kazakhstan, where Eni was the operator until 2008, according to Bernstein. That is below Eni’s 8 percent cost of capital. The estimated $48 billion first phase of the project is about eight years behind schedule.

Eni is considered a major producer, with output equivalent to about 1.7 million barrels a day. Its output is double that of a large independent like Anadarko. While it is only half the size of Shell, by any other standard, Eni is huge: 79,000 employees and net profit of €6.3 billion for the first nine months of last year. The Italian government holds a 30 percent stake.

The corporate credo is that it is a “two-flag” company — one that tries to work as a cooperative partner with its host countries. In the case of the Republic of Congo, Eni yielded to the president’s request that Eni expand one power plant and build another for the country, which was short of generating capacity.

Mr. Scaroni has also been supportive of Russian energy projects including Southstream, a proposal for bringing Russian natural gas to Western Europe by means of a pipeline under the Black Sea, bypassing countries like Ukraine. That cooperation has helped Eni obtain a foothold in the Russian Arctic through a venture with the state oil company Rosneft in the Barents Sea, where Eni has already had success on the Norwegian side.

As for Mozambique, Mr. Scaroni said he had visited the country seven or eight times, once during the Christmas holiday in late 2011. A picture in his office shows his son with a fish he caught during that visit.

“I meet the president every time I go there,” he said of Mr. Guebuza. “I am keeping him informed about potential partners; every change in the consortium has to have their approval.”

SOURCE: nytimes.com